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"Decima Legione" inizia dalla fine, col riandare di Aiace alle peripezie di dodici anni prima: quando, lasciata la Magna Sila, al seguito di Murena e di Cesare partecipa alla conquista della Gallia e della Britannia. Il romanzo, però, non è l'epos della guerra, del clangore delle armi e dell'afrore del sangue e dei morti, ma il sogno del ritorno a casa dai confini del mondo, dell'amore per Lorelei e il figlio Dewi, del desiderio dell'orto e della pesca alla foce del Lao, quando il tramonto bagna il Tirreno sul limite della notte. Un sapore di autobiografismo si affaccia al pensiero che Cundari è stato un ufficiale dell'aeronautica. Che rimane però confinato agli anni in cui si fregiava dei galloni di sottotenente, non di quelli di generale di divisione: che avrebbero negato al romanzo la freschezza della giovinezza, appesantendolo dell'affettazione della nostalgia e dell'ammaestramento morale.